mercoledì 14 novembre 2018

PANORMUS. La Scuola Adotta la Città per i diritti delle generazioni future
Maria Antonietta Spadaro

L’idea vincente del progetto educativo nato a Palermo 25 anni fa, sulla scia dell’omologo napoletano,  come reazione dell'amministrazione cittadina e della società civile alle stragi mafiose, era basata su due punti:
  • il recupero di una cittadinanza consapevole
  • la riscoperta della città sconosciuta
2000
Due aspetti in realtà strettamente connessi in quanto, se da un lato i cittadini erano stati espropriati da ogni qualsiasi partecipazione alla gestione, in senso lato, della città, governata da decenni solo dalla mafia, attraverso politici collusi, dall’altro il degrado progressivo del patrimonio della città stessa, sia del suo centro storico che delle sue periferie vecchie e nuove, avveniva davanti a cittadini che ignoravano la storia di Palermo e la consistenza del suo patrimonio artistico - solo con la giunta Orlando (1990), il Comune di Palermo decise di scoprire quale fosse il patrimonio edilizio di sua proprietà! - quindi autorizzati a deturparlo perché del tutto privo di valore. Questa era la situazione.

L’operazione che oggi si porta avanti a livello nazionale è quella di sminuire, emarginare, l’importanza del passato, della memoria. Ciò - come scrive Salvatore Settis - si fonda sul pregiudizio che il passato sia un deposito passivo di oggetti e fatti privi di attualità e pertanto inutili alla costruzione del futuro. A tutto ciò si contrappone il presente tecnologico ed economico, svuotato di ogni memoria. Occuparsi di storia, di memorie culturali è considerato un lusso rispetto ad altre priorità, basate su una continua corsa in avanti. Siamo nell’epoca del “presentismo” e la lotta per riconquistare visioni storiche è disperata.  Ma ricordiamoci dei diritti delle generazioni future!
Così come continuiamo a ignorare i rischi tremendi dei cambiamenti climatici, agendo con inefficaci politiche ambientali, allo stesso modo i concetti di Bene comune e Pubblico interesse sembrano sfumare nel limbo, mentre ciò che importa è il presente. 

Tutto questo è detto per evidenziare nel nostro progetto il valore della conoscenza storica della città, attraverso monumenti, luoghi, particolari situazioni ambientali, musei, ecc. Poiché il loro portato di valori, errori, bellezza, brutture sia da monito e dia indicazioni serie per costruire un futuro accettabile.
Non diamo per scontato che i giovani conoscano i QuattroCanti, il loro significato storico-artistico, urbanistico, sociale, religioso, ecc. Solo riappropriandosi dei capolavori cittadini, solo allora essi potranno guardare gli spazi del loro quartiere e comprenderne il valore, la qualità, il degrado, ecc.
Noi non ci occupiamo di far passare il tempo a cittadini distratti o a turisti, anche, ma il nostro obiettivo è pedagogico (pedagogia del patrimonio), è quello si rendere i futuri cittadini consapevoli della realtà urbana in cui vivono: niente è più educativo e formativo di conoscere e capire la propria città, i processi storici che ne hanno prodotto la morfologia, nel bene e nel male. La storia, la cultura di un popolo si è cristallizzata fisicamente nelle pietre e nelle opere d’arte. Si potrà obiettare che esiste la lingua, la scienza, la letteratura e quant’altro, certo ma qual’è l’aspetto più visibile concreto tangibile dell’essenza di una cultura? Quando visitiamo un paese sconosciuto cos’è che subito ci affascina o respinge? Certo il suo aspetto fisico, l’architettura, il paesaggio, l’arte, non certo la letteratura.

Ecco perché didatticamente si dovrebbe considerare lo studio dei Beni culturali come cardine per comprendere non solo la storia ma anche il pensiero, la scienza, la tecnologia di ogni periodo. La nostra città in particolare, deve rivalersi, annullare gli effetti di decenni e decenni di degrado culturale di una classe dirigente, che puntava sull’ignoranza dei cittadini.




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